di Guido Di Stefano
Il diritto di fare la guerra e la pace era nelle mani di pochi, scrisse Sallustio; oggi possiamo riproporre la predetta amara constatazione in versione aggiornata: Bella atque paces penes paucos erant, sunt et erunt (il diritto di fare la guerra e la pace era, è e sarà nelle mani di pochi)!
Ai tempi di Sallustio non imperavano l’alta finanza, le borse-valori, le banche, la globalizzazione, le industrie varie ma solo delle ristrette oligarchie (politiche ed economiche), molto più “visibili” (anche nei vertici) delle nostre contemporanee.
Anche allora le “bramosie” di pochi venivano divulgate come volontà del popolo.
Mal si concilia la constatazione sallustiana con la più famosa massima romana: “Si vis pacem para bellum” (Se vuoi la pace tieniti pronto alla guerra), valida in assoluto nell’ipotesi di un controllo democratico con effetti attivi e all’uopo punitivi.
Siamo soliti ascoltare il ritornello che il denaro governa il mondo, troppo spesso assecondato nelle sue iniquità da personaggi accecati dal delirio del potere a ogni costo.
E ricordiamo che sempre si è partiti dalla demonizzazione dell’altro (il nemico di turno) per scatenare gli eserciti propri o mercenari; e sempre i vincitori si sono “raccontati” come buoni, generosi e salvatori e hanno descritto gli sconfitti come demoni irrecuperabili.
Però nei tempi andati i “guerrafondai” ci mettevano la faccia, come si dice ora: erano loro e le loro “corti” che dichiaravano le guerre e dettavano la pace; oltretutto la loro eventuale caduta segnava la fine o quantomeno il ridimensionamento anche delle loro eminenze grigie.
Nell’alternarsi delle guerre e della pace si sono incattivite le armi assumendo anche le nefaste capacità di sterminare le masse; e con i malefici delle armi si sono deteriorate le (non) virtù degli uomini. In un ibrido percorso crescente e decrescente si è visto di tutto: dalle armi singole si è passati a quelle di massa, senza dimenticare di definirne alcune “intelligenti”; sempre più raramente i veri signori di guerre e pace ci “mettono la propria faccia”, lasciando tanta visibilità e onore ad altri che in ogni caso potranno aspirare all’impunità e auto-assolversi con tante scuse vaghe e (se vogliamo) immorali; alle armi non chiamano più le trombe ma “fragorosi tromboni”, opache ombre di quella umanità che dovrebbero rispettare-onorare-servire almeno tanto quanto l’umanità ha fatto con loro; e se alle trombe si contrapponevano le campane dell’opposizione ora ai “tromboni” fanno eco i silenzi nobili dei “demonizzati” e i campanacci servili di chi dovrebbe combattere le guerre dei tromboni.
Si diceva un tempo: la strada verso l’inferno è lastricata di buone intenzioni. Ora possiamo aggiungere: la strada verso l’olocausto dell’umanità è lastricata (o mascherata) con le dorate (e strombazzate) dichiarazioni inneggianti a tutti i più grandi principi del pensiero umano.
Tanto promettere non costa niente mentre non mantenere può essere molto redditizio.
E di “redditi” parlando riteniamo opportuno (tanto la storia ne attesta la “intermittente” validità) ricordare e parafrasare, partim, un vecchio adagio: “al suono dei metalli perdono la fede i papi, la giustizia i re, l’intelletto gli uomini”.
A tentare di fermare il “peggio” si elevano quotidianamente delle voci, che gridano nel deserto: riusciranno a sovrastare il frastuono dei tromboni e il suono dei metalli?
Intanto l’umanità piange mentre i veri colpevoli e i loro vassalli restano impuniti. Per chi e per “cosa” pontificano, minacciano e incitano alla guerra certi “presunti” esseri umani che osano definirsi liberi?